
Caritas Vittorio Veneto sarà protagonista di un progetto Erasmus Plus, finanziato dall’Unione Europea, dedicato ai giovani di Albania, Bosnia Erzegovina ed Italia che prevede anche due occasioni di scambio ed incontro tra i giovani dei tre paesi: nell’estate 2017 in Bosnia, tra Banja Luka e Sarajevo, e nell’estate 2018 in Albania. Assieme a Caritas Vittorio Veneto lavorerà anche Caritas Verona.
“Il tema è l’ambiente in particolare il riutilizzo degli spazi abbandonati e l’ecoturismo”, spiega Alessandro Cadorin, di Sarmede, responsabile di Caritas Italiana per Macedonia, Kosovo, Albania e Montenegro, direttamente coinvolto nel progetto -. Capofila e’ il centro giovanile Giovanni Paolo II di Sarajevo, ed è coinvolta anche l‘Associazione Ambasciatori di Pace che ha base nel nord dell’Albania. Svolgeremo corsi di formazione e laboratori, visite di studio a Verona, altre occasioni di scambio”.
Il progetto è uno degli ambiti di impegno di Caritas Italiana in quei Paesi per i prossimi mesi.
Un altro è il progetto Elba…
“E’ un progetto di promozione dell’economia sociale attraverso il quale sono state finanziate e avviate 21 imprese sociali in Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Macedonia, Serbia, Kosovo e Grecia). Elba si ispira fortemente al modello delle cooperative sociali italiane che sono state tra le organizzazioni più resilienti anche dopo la crisi economica e finanziaria, cioè che hanno mantenuta invariata l’occupazione. Il primo anno del progetto si concluderà questo mese. Ora stiamo cercando di trovare fondi per avviare una seconda fase che sia più ambiziosa, ma che anche possa garantire dei tempi di maturazione adeguati dei nostri partner locali, le Caritas dei Paesi coinvolti”.
Ci sono poi le iniziative nel settore della disabilità.
“In Kosovo seguo un progetto che sta avviando delle piccole attività imprenditoriali gestite da persone con disabilità, mentre in Macedonia a Gevgelija, grazie al finanziamento ricevuto dalla Cei, stiamo allestendo un centro per bambini con bisogni speciali che prevede attività educative, di terapia fisica ma anche occupazionali. Accoglierà 30 bambini, provenienti da tutta la regione. Resterà a disposizione anche per accogliere migranti se sarà necessario. E’ un progetto realizzato da Caritas Italiana, esarcato apostolico macedone, Fondazione Apollonia e Alleanza macedone per le persone con disabilità, nato a seguito dell’emergenza profughi in Macedonia: la nostra scelta è sempre stata quella di aiutare assieme ai profughi anche la popolazione locale”.
Ma com’è la situazione dei profughi ora?
“Da marzo a maggio fino a 10.000 persone si erano ammassate in un campo improvvisato a Idomeni, nel confine tra Grecia e Macedonia. Le condizioni in cui vivevano i migranti erano terribili, e venivano mantenute tali per costringerli ad arrendersi e a tornare indietro. A maggio poi si decise di sgomberare definitivamente quel luogo che era stato definito da molti la vergogna dell’Europa. Il giorno dopo lo smantellamento sono andato a vedere. Guarda le foto scattate da Alessandro a Idomeni. Tutto era diventato inanimato: Idomeni era diventato un campo fantasma, e quel brulichio di vita e disperazione, che portava con se anche un forte carico di speranza, si era dileguato. Ancora una volta l’Europa ha deciso di nascondere la polvere sotto il tappeto. Dopo Idomeni sono stati aperti in Grecia diversi campi gestiti dal governo attraverso l’esercito. Seppur malvolute, al loro interno possono lavorare anche le ong tra cui Caritas Hellas.
E’ stata chiusa la rotta balcanica per i profughi, e questo ha comportato un aumento drammatico del traffico di esseri umani. I confini vengono ancora attraversati, ma illegalmente, arricchendo le malavite organizzate, e mettendo a serio rischio la vita delle persone. Passando per la Macedonia i migranti giungono in Serbia e da li vanno in Ungheria, paese dell’Unione Europea, dove fanno richiesta di asilo. Ma il governo ungherese lascia passare solo 15 persone al giorno.
Qui in Macedonia ci sono due campi: a Gevgelija ci sono circa 140 persone. Noi di Caritas ci occupiamo con la Croce Rossa della distribuzione di cibo. E da questi campi, molti scelgono di scappare”.