Camminavo solo, in mezzo alla notte.
Quando cammini nel deserto, i piedi affondano nella sabbia
ed é molto difficile andare avanti.
II corpo prende un altro peso.
Comunque ho continuato a camminare, fino a/le quattro del mattino,
attraversando un’oscurità molto lunga.
Quando mi sono stancato, mi sono fermato e mi sono guardato attorno.
Il buio iniziava a rompersi.
La cosa mi ha spaventato, perché io non conoscevo quel posto.
Era iI deserto. II posto dove la gente muore.
(Ibrahima Balde, Fratellino, pag. 48)

Durante il tempo della Quaresima, quest’anno in Caritas abbiamo letto il libro "Fratellino”. Il testo è stato consigliato a tutti da papa Francesco; racconta la storia — una di tante — di un giovane ragazzo dell'Africa sub sahariana che ha compiuto la traversata del deserto, in un viaggio carico di fatiche e di pena, alla ricerca del fratello minore.

Il deserto, con le sue insidie e con l’atrocità di chi sfrutta i migranti, è il luogo di cui parla questo libro. È un luogo geografico, che pian piano diventa luogo dell’anima, rinvio a una ricerca di senso che deve attraversare le prigioni interiori ed esteriori in cui la liberta s’impiglia. È un luogo non-luogo, di una vicenda che si ripete ogni volta che perdiamo di vista cosa sia la fraternità, disumanizzandoci in una spirale di lotte, egoismi, violenze, ingiustizie, il cui esito spesso è il dramma di un dolore innocente in tante "terre-non- sante” segnate da rivoli di sangue e da grida di oppressi.

È il deserto che Cristo stesso ha attraversato, fino ad esserne sfigurato: ”Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (ls 50,6). È il deserto dove la gente muore: è il deserto dove l’umanità perde sé stessa.

Ci colpisce però, puntuale come la primavera, il rifiorire della vita, il canto della lode, l’alleluia pasquale. C'è una buona notizia da ricordarci, da annunciare, da vivere, sfidando l’oblio di tanti deserti ancora presenti: Cristo è risorto!

Fratello, sorella... non sei più solo a camminare in mezzo alla notte! ll buio inizia a rompersi: non per farti vedere immense distese di solitudine e di morte, ma per indicarti una speranza nuova! Per farti vedere la bellezza nella fragilità, la fiducia nonostante l’incertezza, il bene più grande della veemenza di piccole e grandi guerre.

È attesa e compimento di un mondo nuovo: il regno di Dio. Che si realizza sulla terra nel "sì" alla vita, all’amore, alla cura, alla misericordia.

"Pace a voi!” (Gv 20,19) — sono le prime parole di Cristo risorto. Pace a noi: è l’augurio e l’impegno che rende ogni Pasqua cammino di passaggio, dal deserto alla terra promessa.

Buona Pasqua!

Don Andrea

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